La parola “suono 3d” ha, da sempre, avuto un appeal mistico e un sinonimo di complessità.
Nel 2018 rimane ancora poco diffuso e molto confusionario. Ma prima di parlare della produzione di suoni 3d vediamo da dove arriva questa tecnica che sfrutta una delle migliori capacità del nostro sistema uditivo: la localizzazione.
Un suono è un evento di modifica della pressione dell’aria, questo evento contiene informazioni che ci arrivano tramite l’orecchio, e che il nostro cervello interpreta e scompone in quattro parti, timbro, durata, altezza (se il timbro non è di origine rumorosa), e direzione/localizzazione.
La musica ha da sempre sfruttato tutti questi parametri per trasmettere un concetto. L’idea di utilizzare lo spazio (o per meglio dire, la spazializzazione) deriva dall’epoca dei fiamminghi, dal XV secolo, sezionando il coro in diverse parti della chiesa (o cattedrale).
L’idea di spazializzazione è stata ampiamente utilizzata agli esordi della musica elettronica quando i compositori hanno dovuto re-inventare lo spartito per cercare di inserire informazioni musicali che uno spartito classico non poteva contenere.
Tutto questo preambolo serve ad identificare il fatto che nell’epoca moderna, l’idea di musica elettronica (nella sua accezione non colta) ha praticamente perso per strada il parametro della spazializzazione, basandosi quasi totalmente in ciò che viene definito diffusione Stereo (ovvero tramite due casse, o più in generale, due punti di diffusione).
Sullo stereo sono stati fatti enormi sforzi per tentare di creare un’immagine quanto più aperta e dimensionale possibile, con tecniche come l’MS, lo stereoize ecc, ma tutto questo rimane comunque confinato all’utilizzo di due punti di ascolto.
Suona strano nell’epoca dei grandi progressi tecnologici e di diffusione dei media che spesso l’unico prodotto mediatico che abbiamo mai sentito con una parvenza di spazializzazione è il film al cinema. Oltretutto la limitatezza della visione è un parametro difficile da superare, se arriva il suono di uno sparo da dietro la tua poltrona e ti giri, trovi semplicemente lo spettatore seduto alla fila precedente alla tua, e non ciò che il tuo cervello si aspetta: la riproduzione di una persona che ti sta sparando. Per questo, sebbene le capacità delle sale da cinema siano ampie, vengono sfruttate sempre al minimo.
Eppure le tecnologie ci sono, LDAP, Ambisonic, Wavefield Synthesis e ibridi come Dolby Atmos.
La tecnologia di audio 3d viene più utilizzata per lo sviluppo musicale è la cosiddetta tecnica binaurale, che consiste nella riproduzione di un suono con caratteristiche direzionali sferiche a 360°. Suona come qualcosa dalle grande potenzialità, ma in effetti il suo limite più grande è quello di essere fruibile solamente tramite cuffie e auricolari, l’industria della realtà virtuale sta facendo incetta di questo metodo.
La registrazione bianurale di un’evento musicale però è un’astrazione potente che mantiene le suggestioni reali del spazio nel quale avviene la musica, trova le cuffie migliori che hai, stando attenti a rispettare il destra-sinistra, e ascolta questa registrazione
Dario Khademi
Sound Engineer and Sound Designer @ BigBiz Studio